Imparate ad assaporare ciò che non muore mai: il tempo.
C'è stato un tempo, in Sicilia, in realtà non molto lontano, in cui le giornate si allungavano di colpo, e non perché la Terra modificasse l'inclinazione del suo andare intorno alla stella più luminosa. Bastava infatti un cenno, lo spostarsi impercettibile di un ciglio della mater familias più anziana, acclamata genitrice di figli e divinità protettrice della casa, per trasformare all'istante la cucina nel sacro tempio designato alla preparazione delle conserve di pomodoro.
In quell'attimo fuggente, ciascun parente più o meno stretto diventava consapevole di aver perso qualsiasi forma di libero arbitrio sulla propria esistenza, pena l'interdizione dai pranzi domenicali nei i secoli a venire. Sventato ogni tentativo di fuga o di obiezione di coscienza, i vari malcapitati, di qualsiasi sesso ed età, consegnavano lo spirito ad ore di lavoro ai fornelli inesorabilmente votate al concetto di infinito.
L'impresa magna consisteva di due fasi: la prima, di riscaldamento, prevedeva il repentino saccheggio di orti e piantagioni di proprietà o, in mancanza di essi, serrati interrogatori sul ciglio della strada a venditori fortificati dalle intemperie, allo scopo di raccogliere i migliori frutti rossi in circolazione. La quantità necessaria di prodotto ricercata, naturalmente, era a dir poco titanica, dovendo rispondere all'onere di sfamare intere tavolate durante i futuri mesi invernali. Una volta portate in casa le ceste traboccanti e odorose di sole, cominciava la seconda, ma fondamentale, parte del processo: dopo essere stati accuratamente lavati e tagliati a pezzi, i pomodori erano gettati dentro calderoni pieni di acqua calda e bolliti, per poi essere scolati e macinati. Ottenuta una passata corposa e omogenea, questa veniva versata all'interno di barattoli e bottiglie di vetro, con l'aggiunta di foglie di basilico fresco, e rimessa nuovamente a cuocere sul fuoco. I contenitori, così sterilizzati, erano riposti al riparo dalla luce, in attesa di goliardiche occasioni di consumo. Dopo giorni trascorsi al coperto, la famiglia usciva finalmente all'aria aperta, fuori dalla caverna di fiamme e vapori, a godere della bellezza dei tramonti estivi. La mater familias, ritornata tranquilla e alle proprie occupazioni abituali, sorrideva in segreto, pensando alla prossima fatica in cui avrebbe coinvolto i suoi consanguinei: la raccolta dei frutti nati dalla pianta della dea Atena, le olive.